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martedì 26 maggio 2009

Accogliere un bambino immigrato a scuola



Integrare un bambino straniero nella scuola italiana non significa certamente dargli un banco e una sedia, cioè ospitarlo, o elementi della nostra lingua per poter comunicare, elementi che egli comunque alla fine acquisirà attraverso il contatto con gli altri. Dunque, al primo posto viene la conoscenza della lingua italiana che consente al bambino di imparare e all’insegnante di provvedere alla sua scolarizzazione, perché quel bambino possa poi fare delle scelte serie di studio e accedere alle diverse discipline.

Spesso, non conoscono una parola d’italiano e per loro è difficoltoso l’approccio iniziale, la prima comunicazione. I bambini stranieri, prima di tutto, hanno bisogno di apprendere la lingua italiana (alfabetizzazione) come lingua d’uso quotidiano e di scolarità, per poter comunicare e interagire con gli altri bambini, gli insegnanti, gli adulti (in ambito familiare si continua a parlare, abitualmente, la lingua d’origine). Consequenzialmente, hanno bisogno di strumenti per l’apprendimento, per lo studio, per orientarsi e per capire i contenuti di un programma didattico e disciplinare che sovente è molto lontano dalla loro cultura. Altrettanto esiste il problema di confrontarsi con i bambini di altre nazionalità, da inquadrarsi per la scuola in una prospettiva educativa che rispetti e salvaguardi le culture d’origine di ogni alunno.

Arrivano bambini e ragazzi delle più svariate etnie e nazionalità: cinesi, filippini, maghrebini, latinoamericani, albanesi, slavi, ecc., che presentano principalmente problemi di inserimento in un contesto completamente nuovo a causa del cambiamento radicale dei loro modi di vita. Essi si trovano di fronte ad una realtà profondamente diversa da quella del paese d’origine. La stessa situazione esiste per quei bambini nati in Italia da stranieri, che hanno però vissuto la loro prima infanzia in Cina o in Sudamerica e che sono poi tornati in Italia. Per legge vengono considerati italiani senza esserlo di fatto e, praticamente, come per tutti gli altri bambini stranieri, anche per essi si pone il difficile problema dell’inserimento nella scuola.
Fino a poco tempo fa, diversi insegnanti, distaccati dalla classe, si sono dedicati all’accoglienza, hanno predisposto laboratori linguistici, progetti, programmazioni didattiche rivestendo il ruolo di “mediatori” e di “facilitatori di apprendimento”, dando così risposte efficaci al bisogni degli alunni stranieri. Un patrimonio di risorse, esperienze, professionalità che, dopo la riforma Moratti, rischia di scomparire o, in ogni caso, di non essere valorizzato e utilizzato adeguatamente, perché un processo di contrazione degli organici sta provocando l’eliminazione di queste risorse. Al contrario gli alunni stranieri sono aumentati.


Con la riforma Moratti, invece, la figura di “tutor” si riferisce indistintamente a tutti gli alunni del gruppo classe, in modo indifferenziato e generico (senza distinzione alcuna di etnia, cultura, provenienza, “bisogni”). Sono state dunque soppresse le figure particolari di “tutor” proficuamente sperimentate su alcuni soggetti, gli alunni stranieri, portatori di specifici bisogni e collocabili nelle fasce più “deboli” dell’utenza scolastica. Vengono cioè tolte proprio quelle risorse “aggiuntive” essenziali, necessarie (i docenti facilitatori), che consentivano di “prendersi cura” degli alunni stranieri, con una riduzione complessiva e generalizzata degli organici di istituto. I bambini stranieri sono stati dimenticati!


Cosa accadrà nell’immediato futuro? Ai bambini stranieri che verranno direttamente immessi in classe senza una preventiva accoglienza? Tutto ciò inciderà negativamente sulla “qualità della scuola”, rendendo altamente problematici l’integrazione di questa tipologia di alunni, il clima di relazione e di apprendimento per l’insieme della classe e la gestione della classe stessa da parte dell’insegnante.
La situazione critica che sta prendendo aspetti preoccupanti, dalle vaste implicazioni sociali, necessita di risposte, in termini di iniziative e interventi urgenti e concreti, non solo da parte dell’Amministrazione scolastica, ma anche da parte degli Enti locali, nella prospettiva, già in atto, di città-società multietnica e multiculturale.

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