Video racconto della storia di Ferdi (G.F.9)

giovedì 25 giugno 2009






Ciao a tutti....
L'anno accademico è quasi finito però io continuerò a scrivere in questo blog...
Un giorno della scorsa settimana (l'unico giorno in cui c'era sole)sono andata al mare...
e ho visto tanti poveri bambini costretti a vendere di braccialetti, borse, cinture, etc....sotto il sole e vestiti....E gli adulti autoctoni tranquilli sdraiati al sole come lucertole che non se ne curavano altamente di queste povere creature....

Dovrebbe far riflettere tutto ciò, perchè sarà capitato anche a voi di vedere dei bambini che invece di giocare in acqua devono vendere in spiaggia...
Beh...se non vi ha mai fatto riflettere spero di riuscirci io a farvi vedere che anche al mare i bambini immigrati sono sfruttatati...................................................................

mercoledì 17 giugno 2009

C'era una volta.....

La Fiaba è uno degli strumenti utilizzati per instaurare un legame con i bambini.
Numerosi studi hanno dimostrato che le fiabe possono aiutare i bambini a gestire le proprie difficoltà e sono utili soprattutto ai bimbi che vivono situazioni problematiche.

La Fiaba prevede un iter didattico che favorisce da un lato l'apprendimento della lingua italiana e dall'altro l'integrazione dei bambini stranieri attraverso la conoscenza delle varie culture dei paesi di provenienza.
Per un bambino il racconto di una fiaba è così importante perchè per lui significa entrare con l'immaginazione in un mondo fantastico. Ogni bambino porta dentro di se un universo magico, dove tutto è possibile. La fiaba permette ai bambini di esprimere la propria vita : interiore, le proprie emozioni, i propri sentimenti, le proprie fantasie.
"II mondo incantato", attraverso l'identificazione con l'eroe che supera la prova narrata dalla fiaba, il bambino viene rassicurato sulle sue possibilità di crescita umana.



La fiaba suggerisce che le prove imposte dalla vita verranno superate con aiuti provvidenziali, che i piccoli cresceranno e diventeranno autonomi sviluppando le parti migliori di se (è questo il significato simbolico del "diventare re"). Spesso i bambini in situazioni di disagio, ascoltando la fiaba e identificandosi con i personaggi, rielaborano le loro esperienze personali trovando rassicurazioni sul proprio vissuto.
Questo vale per i bimbi di tutto il mondo.
E' come se, sul piano immaginativo, non vi fossero barriere linguistiche e culturali, ma solo contenuti, valori e riferimenti universali.
........................E VISSERO TUTTI FELICI E CONTENTI..........................

venerdì 12 giugno 2009

La speranza di una reintegrazione nella comunità

Ciao a tutti...

A volte tante parole non servono...


Basta vedere queste poche foto per capire che questi non sono bambini...

perchè i bambini devono essere spensierati, devono giocare e no di certo con le armi!!!!!!!!!!!!!!


Dobbiamo informarci di quanti bambini soffrono e sono soldati cercare di fare qualcosa !!!!!!!!!!!!!!!!!









sabato 6 giugno 2009

BAMBINI SENZA TERRA

Una dimostrazione di come cultura e salute siano strettamente collegate e dell’importanza di un contributo multidisciplinare, è la constatazione di come proprio il bambino, il figlio dell'immigrato,sia un anello di congiunzione con il passato, garante dei valori tradizionali. Le aspettative degliadulti fanno sì che il bambino si trovi idealmente sospeso in un tempo che è quello della tradizione,degli antenati, e in uno spazio che è quello della grande casa familiare, una casa dai contorni allargati che arriva a comprendere al suo interno anche lo spazio, rimpianto e mitizzato, della terra d'origine.
Simbolicamente spesso è "il figlio a essere importante, non il bambino" Intorno alla figura del figlio, alla sua presenza o assenza (è significativa anche la richiesta di interruzioni volontarie di gravidanza), ruota spesso tutto il processo di radicamento dell'immigrato nella terra che ha scelto,e che lo ha scelto, come seconda patria.
A rendere ulteriormente complessa questa situazione, concorrono altri due elementi: il primo è che per molti bambini, figli di immigrati, l’Italia è il loro paese, perché sono nati qui e non ne hanno mai conosciuti altri. Ma al tempo stesso non sono riconosciuti come "italiani" dalla società che li circonda, né sul piano dei diritti civili né su quello culturale: si trovano cioè nella difficile posizione di essere stranieri in casa loro, perché non hanno un'altra casa. L’altro elemento è determinato dal fatto che i bambini, e quindi non solo i genitori o le madri, si trovano, ora e, probabilmente, sempre di più nel futuro, in una difficile posizione di "interfaccia" tra due culture, che rischia spesso di schiacciarli: portatori di tradizioni culturali e familiari estranee a quelle locali, e pressati da richieste di integrazione che sono spesso in aperta contraddizione con il loro patrimonio tradizionale.

giovedì 4 giugno 2009

BAMBINI PER FINTA



Questo è forse il campo più variegato riguardo alle problematiche dell’infanzia.
Il capitolo più ponderoso è legato al lavoro minorile in quanto sono ben 211 milioni i bambini e le bambine con meno di quattordici anni costretti a crescere troppo in fretta abbandonando scuola, giochi ed amicizie per aiutare sé stessi e la propria famiglia a sopravvivere. Il lato più drammatico sta però nel sommerso del fenomeno con bambini spesso venduti dalle stesse famiglie incapaci di provvedere al loro sostentamento.

E’ il via ad una scura spirale fatta di solitudine affettiva, orari interminabili, compensi irrisori e condizioni di vita spesso inumane.
Altro aspetto della problematica è legato alle cosiddette tratte dei bambini, vere e proprie vie commerciali che li portano a rifornire veri e propri mercati di piccoli schiavi.
Vi sono coinvolte come detto le vittime dello sfruttamento a fine lavorativo, ma spesso il destino può essere ancor peggiore.
L’età di avviamento alla prostituzione è sempre più bassa e, specie nei paesi del sud-est asiatico, il fenomeno si sta radicando in modo tale da essere addirittura legalizzato.
Forse però l’aspetto più agghiacciante sta nel commercio dei bambini finalizzato a rifornire il mercato del trapianto clandestino degli organi.
Sono scenari lontanissimi dalla nostra dimensione di vita, ma sono oltremodo reali ed è allarmante il fatto che abbiano a disposizione un serbatoio sconfinato, costantemente alimentato dalla miseria e dell’ignoranza.
Quando infatti non sono le stesse famiglie a separarsi dai loro figli, la materia prima è comunque facilmente reperibile: ragazzi di strada dei sobborghi urbani, rifugiati in piena precarietà… costituiscono infatti una fonte praticamente inesauribile e di troppo facile accesso.
Fino ad ora si è parlato di fenomeni ben identificabili che rendono travagliata l’età infantile in molte parti del mondo.
C’è però un filo conduttore a fornire un legame fra tutte queste causalità, un nesso rintracciabile non tanto negli effetti che abbiamo visto, quanto in una comune radice: l’ignoranza.
La mancanza di istruzione è infatti alla base di ognuna delle problematiche fin qui esposte sulle quali ha più o meno direttamente inciso.
Ecco dunque che l’unica via percorribile verso una concreta possibilità di crescita futura, dovrà necessariamente passare attraverso la fruibilità di questo diritto per ogni bambino.

mercoledì 3 giugno 2009

IGNORANZA: OSTACOLO ALL'INTERCULTURA

Secondo uno studio, gli stranieri da evitare sarebbero soprattutto marocchini (30%), tunisini (21%) e arabi in generale (15%), ma anche zingari (13%), albanesi (12%) e bosniaci (7%).
Per gli psicologi, i bambini extracomunitari sono avvertiti come culturalmente distanti (36%), vengono visti con diffidenza (27%), paura (14%), incomprensione (13%), e in alcuni casi con una vera e propria avversione (7%). Ostacolo all'integrazione una quasi totale mancanza di conoscenza dell'altro: soltanto il 12% dei bambini italiani sa identificare i luoghi reali di provenienza degli extracomunitari.
Infatti solo un 15% sa dov'e' la Tunisia, un 12% conosce la collocazione dell'Algeria ed un misero 8% sa identificare la Bosnia sulla cartina.
Superficialita' altrettanto forte nei confronti degli zingari, che per l'82% dei bambini italiani possiedono un proprio territorio nazionale. Quanto alla conoscenza delle religioni dei bambini extracomunitari l'ignoranza e' pressochè assoluta.
Soltanto 5 bambini italiani su 100 sanno che il massimo profeta della religione musulmana e' Maometto.
Ma quali sono le origini di tanta diffidenza?
Lascio ai dati il compito di generare riflessioni e cambiamenti, nel cuore di ciascuno di noi. Anche nel mio.
Spero che il sogno in cui credo possa dare ragioni sufficienti a chi decide in grande e a noi, che potenti non siamo, ma possiamo mettere in gioco piccole concrete responsabilità quotidiane.

lunedì 1 giugno 2009

BIMBI IMMIGRATI ADOTTATI, POI RESTITUITI

L' 1,7 % degli stranieri costretti al secondo trauma
Ricerca dell'Istituto degli Innocenti sulle famiglie che non riescono a creare la giusta relazione con il "nuovo figlio"
Naomi aveva 9 anni quando sbarcò dal Sud America, appena capì che la stavano separando dai fratelli tentò di fuggire. Fu ripresa e portata in Italia. "Piangevo e venivo punita perché non parlavo bene italiano". Poi un giorno il giudice la convocò " e io dissi la verità: che in quella casa stavo male, allora mi insultarono e mi dissero di restituire i soldi che avevano pagato per l'adozione".
Vanessa aveva 8 anni quando arrivò dall'Est europeo, non sapeva che sarebbe stata adottata. "La famiglia dove ero capitata non era affettuosa, aveva un atteggiamento strano, mi facevano mangiare solo pasta, vedrai che ti ci abitui, dicevano". Non fu così. "Non mi facevano neanche uscire sul balcone. Un giorno chiamai di nascosto l'assistente sociale e le dissi di venirmi a prendere". La salvezza arrivò dopo sei mesi.
Naomi e Vanessa ora sono grandi, vivono in casa famiglia e non ne voglio più sapere di adozioni. Naomi pensa di farsi suora, Vanessa cerca un lavoro. A loro modo, comunque, ce l'hanno fatta. Le loro sono state storie di adozioni difficili, di amori andati a male, di famiglie non riuscite. Per incapacità di comunicare, per incapacità di amare.

Desiderati, cercati, attesi e poi restituiti. Sono i bambini adottati da paesi lontani mai del tutto accettati, sono quelli che non hanno superato gli ostacoli - l'allontanamento dalle origini, la famiglia straniera - che non si sono inseriti. "Sono pochi però i casi di adozioni di bimbi stranieri problematiche, circa l'1,7 per cento", spiega Melita Cavallo, presidente della Commissione adozioni internazionali.
"Abbiamo condotto una ricerca, è la prima realizzata in Italia, volevamo verificare se era fondato un certo allarmismo. In realtà le adozioni dal percorso critico sono poche e sarebbero superabili, l'importante è che i servizi siano in grado di garantire un vero sostegno e non limitarsi a fare i controllori, i vigilantes". La ricerca, realizzata dall'Istituto degli Innocenti, è stata fatta dal 1 gennaio '98 al 31 dicembre 2001, in quattro anni sono state 164 le adozioni internazionali andate male e 167 quelle italiane fallite, dunque in percentuale quest'ultime sono di più. L'80 per cento dei casi difficili sono state adozioni fatte senza l'aiuto di un'associazione, il 20 con associazioni non riconosciute.
"Dobbiamo pensare che per i bambini adottati gli stranieri siamo noi, noi siamo gli anormali, quelli con abitudini diverse mentre molti genitori fanno difficoltà ad accettare le differenze culturali, le diverse radici, l'origine misteriosa", spiega Monica Vitolo, psicoterapeuta che ha collaborato alla ricerca.
"Il ragazzino adottato è sempre molto sveglio, ha un istinto di sopravvivenza forte per questo a volte non sopporta i genitori, è abituato a fare da sé".
E i genitori "spesso sono presi da uno stato d'ansia che diventa angoscia".

Così accade che alcune coppie dopo aver lottato, pagato tanto per avere un bambino - un'adozione può costare anche 15/20 mila euro - lo restituiscono come un oggetto inutile, indesiderato.
La maggior parte dei bambini restituiti rimarrà in casa famiglia, in Italia, una piccola percentuale invece viene adottata da un'altra famiglia e questa volta l'incontro è quello giusto.
Sono più le femmine ad essere allontanate e i bambini brasiliani hanno il record del fallimento.
Frammenti di storie, di vite, di destini che s'incrociano.
E desiderio di un figlio forse più simile: è cresciuta, secondo l'Istat, nel 2002, la percentuale di adozione di minori italiani rispetto agli stranieri, dal 33,2 per cento del 2001 al 37,6.

giovedì 28 maggio 2009

CRUDA REALTA'

Il Gruppo di Lavoro per la Convenzione Onu sui Diritti dell'Infanzia (Crc) ha diffuso oggi un rapporto su devianza, povertà, sfruttamento e disagio tra i bambini.
I dati sono inquietanti, l'Italia è il secondo peggior Paese in Europa, preceduto di poco dalla Spagna.
"I bambini che chiedono soldi ai semafori o alcuni drammatici fatti di cronaca che documentano violenze, abusi ai danni di minori, sono solo la manifestazione più visibile di tendenze strutturali che rileviamo e che ci preoccupano", ha detto Arianna Saulini, coordinatrice del gruppo di lavoro sulla Crc e responsabile dell'Area Diritti di SAVE THE CHILDREN IN ITALIA.
17 milioni di bambini vivono in stato di povertà nella ricca Europa.Il 16,3% dei bambini italiani vivono al di sotto della soglia di povertà.
Al 30 dicembre 2005, era stati contati anche 6.500 minori stranieri non accompagnati in Italia.
E siccome quelli che si riescono a contare sono una percentuale minimale del numero effettivo, la sensazione è che siano molti di piu'.
In questo contesto mortificante, cresce la prostituzione minorile, femminile, ma anche maschile.



martedì 26 maggio 2009

Accogliere un bambino immigrato a scuola



Integrare un bambino straniero nella scuola italiana non significa certamente dargli un banco e una sedia, cioè ospitarlo, o elementi della nostra lingua per poter comunicare, elementi che egli comunque alla fine acquisirà attraverso il contatto con gli altri. Dunque, al primo posto viene la conoscenza della lingua italiana che consente al bambino di imparare e all’insegnante di provvedere alla sua scolarizzazione, perché quel bambino possa poi fare delle scelte serie di studio e accedere alle diverse discipline.

Spesso, non conoscono una parola d’italiano e per loro è difficoltoso l’approccio iniziale, la prima comunicazione. I bambini stranieri, prima di tutto, hanno bisogno di apprendere la lingua italiana (alfabetizzazione) come lingua d’uso quotidiano e di scolarità, per poter comunicare e interagire con gli altri bambini, gli insegnanti, gli adulti (in ambito familiare si continua a parlare, abitualmente, la lingua d’origine). Consequenzialmente, hanno bisogno di strumenti per l’apprendimento, per lo studio, per orientarsi e per capire i contenuti di un programma didattico e disciplinare che sovente è molto lontano dalla loro cultura. Altrettanto esiste il problema di confrontarsi con i bambini di altre nazionalità, da inquadrarsi per la scuola in una prospettiva educativa che rispetti e salvaguardi le culture d’origine di ogni alunno.

Arrivano bambini e ragazzi delle più svariate etnie e nazionalità: cinesi, filippini, maghrebini, latinoamericani, albanesi, slavi, ecc., che presentano principalmente problemi di inserimento in un contesto completamente nuovo a causa del cambiamento radicale dei loro modi di vita. Essi si trovano di fronte ad una realtà profondamente diversa da quella del paese d’origine. La stessa situazione esiste per quei bambini nati in Italia da stranieri, che hanno però vissuto la loro prima infanzia in Cina o in Sudamerica e che sono poi tornati in Italia. Per legge vengono considerati italiani senza esserlo di fatto e, praticamente, come per tutti gli altri bambini stranieri, anche per essi si pone il difficile problema dell’inserimento nella scuola.
Fino a poco tempo fa, diversi insegnanti, distaccati dalla classe, si sono dedicati all’accoglienza, hanno predisposto laboratori linguistici, progetti, programmazioni didattiche rivestendo il ruolo di “mediatori” e di “facilitatori di apprendimento”, dando così risposte efficaci al bisogni degli alunni stranieri. Un patrimonio di risorse, esperienze, professionalità che, dopo la riforma Moratti, rischia di scomparire o, in ogni caso, di non essere valorizzato e utilizzato adeguatamente, perché un processo di contrazione degli organici sta provocando l’eliminazione di queste risorse. Al contrario gli alunni stranieri sono aumentati.


Con la riforma Moratti, invece, la figura di “tutor” si riferisce indistintamente a tutti gli alunni del gruppo classe, in modo indifferenziato e generico (senza distinzione alcuna di etnia, cultura, provenienza, “bisogni”). Sono state dunque soppresse le figure particolari di “tutor” proficuamente sperimentate su alcuni soggetti, gli alunni stranieri, portatori di specifici bisogni e collocabili nelle fasce più “deboli” dell’utenza scolastica. Vengono cioè tolte proprio quelle risorse “aggiuntive” essenziali, necessarie (i docenti facilitatori), che consentivano di “prendersi cura” degli alunni stranieri, con una riduzione complessiva e generalizzata degli organici di istituto. I bambini stranieri sono stati dimenticati!


Cosa accadrà nell’immediato futuro? Ai bambini stranieri che verranno direttamente immessi in classe senza una preventiva accoglienza? Tutto ciò inciderà negativamente sulla “qualità della scuola”, rendendo altamente problematici l’integrazione di questa tipologia di alunni, il clima di relazione e di apprendimento per l’insieme della classe e la gestione della classe stessa da parte dell’insegnante.
La situazione critica che sta prendendo aspetti preoccupanti, dalle vaste implicazioni sociali, necessita di risposte, in termini di iniziative e interventi urgenti e concreti, non solo da parte dell’Amministrazione scolastica, ma anche da parte degli Enti locali, nella prospettiva, già in atto, di città-società multietnica e multiculturale.

domenica 24 maggio 2009

Mille modi di crescere i Bambini Immigrati

Ciao a tutti...
Martedì vi ho consigliato un film, mentre oggi vi consiglio un bel libro:
LA CASA DI TUTTI I COLORI
Questo libro tratta della cura dei bambini e le tecniche di maternage cambiano in maniera significativa nel tempo e nello spazio.
L'accudimento dei piccoli oggi è estremamente diverso dai modi di cura di trenta o cinquant'anni fa, così come è specifico di contesti e culture differenti.
L'alimentazione, il sonno, il modo di tenere il figlio, lo svezzamento, il contatto fisico, visivo o verbale, i sistemi di protezione dei piccoli sono tutti componenti del maternage che risentono della struttura familiare, dell'ambiente fisico e sociale, della concezione dell'infanzia e delle sue tappe di sviluppo.
Le donne immigrate con figli si trovano spesso a dover conciliare riferimenti, modelli e pratiche di cura diversi. I messaggi che provengono dal paese di origine, dalla storia personale e famigliare, dalle esperienze condotte altrove talvolta si conciliano male con quelli dei servizi, il cui significato profondo non sempre è condiviso e compreso.
Il vissuto di dissonanza cognitiva fra ciò che si sa, si pensa e si è vissuto e ciò che viene proposto nei paesi d'accoglienza può bloccare le scelte di cura, impoverire la relazione madre/bambino, suscitare timori e paure che si trasmettono al figlio.
Per indagare i modi di cura dell'infanzia nella situazione di migrazione è stata condotta un'indagine qualitativa che ha dato voce a donne immigrate appartenenti a sei diversi paesi: Cina, Sri Lanka, Filippine, Marocco, Egitto, Perù. Esse hanno raccontato che cosa succede al momento della nascita e nei primi mesi di accudimento, quali riti d'infanzia vengono mantenuti nel paese di immigrazione e quali vengono invece accantonati o abbandonati.

venerdì 22 maggio 2009

DISCRIMINATI DALLA NASCITA

Discriminati dalla nascita in Italia: la xenofobia non risparmia nemmeno i neonati.

Un comma delle disposizioni in materia di sicurezza impedirà il riconoscimento dei figli di immigrati irregolari.E' un po' nascosto, quasi a vergognarsi, e ne avrebbe tutte le ragioni.
E' il comma 1, lett. f dell' art. 45,del disegno di legge “Disposizioni in materia di sicurezza”, approvato dal Senato e attualmente all’esame della Camera (C. 2180). Una frasetta che introduce l’obbligo per il cittadino straniero di esibire il permesso di soggiorno in sede di richiesta di provvedimenti riguardanti gli atti di stato civile, tra i quali sono anche gli atti di nascita

Serve a modificare l’art. 6 comma 2 del D. Lgs. 286/1998, e ad eliminare l’eccezione attualmente prevista in base a cui il cittadino straniero è esonerato dall’obbligo di presentare il documento di soggiorno per i provvedimenti riguardanti gli atti di stato civile.

Sembra una roba da poco ma non lo è per nulla.

Se approvato, questo comma impedirà all'ufficiale dello stato civile di ricevere la dichiarazione di nascita né di riconoscimento del figlio naturale da parte di genitori stranieri privi di permesso di soggiorno.

Se la norma verrà approvata, gli immigrati irregolari, se avranno un figlio, sarà invisibile, senza diritti, senza assistenza.



Le conseguenze enormi.


Questa norma potrebbe far sì che i bambini nati in ospedale non vengano consegnati ai genitori privi di permesso di soggiorno, essendo a quest’ultimi impedito il riconoscimento del figlio, e che in tali casi venga aperto un procedimento per la dichiarazione dello stato d’abbandono.

Questi bambini, dunque, potranno essere separati dai loro genitori, in violazione del diritto fondamentale di ogni minore a crescere nella propria famiglia (ad eccezione dei casi in cui ciò sia contrario all’interesse del minore), sancito dalla Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza e dalla legislazione italiana.

I minori che non saranno registrati alla nascita resteranno privi di qualsiasi documento e totalmente sconosciuti alle istituzioni: bambini invisibili, senza identità, e dunque esposti a ogni violazione di quei diritti fondamentali che sono universalmente riconosciuti a ogni minore.

Senza un documento da cui risulti il rapporto di filiazione, molti di questi bambini non potranno acquisire la cittadinanza dei genitori e diventeranno dunque apolidi di fatto.


Per tutta la vita incontreranno ostacoli nel rapportarsi con qualsiasi istituzione.

Proprio a causa della loro invisibilità, saranno assai più facilmente vittime di abusi, di sfruttamento e della tratta di esseri umani.

Non solo, cosa decideranno di fare le donne prive di permesso di soggiorno, temendo che il figlio venga loro tolto? E' probabile che decidaranno di non partorire in ospedale.

Mettendo a rischio la salute sia del bambino e della madre, con un conseguente aumento delle morti di parto e delle morti alla nascita.
Nasceranno cittadini senza diritti, ma anche senza doveri, generando odio e disagio.

In soldoni indirizzandoli, dalla nascita, al di fuori della legge.

Per altro, questo comma appare appare incostituzionale sotto diversi profili perchè viola il dovere per la Repubblica di proteggere la maternità, l'infanzia e la gioventù (art. 31, comma 2 Cost.) e sfavorisce il diritto-dovere costituzionale dei genitori di mantenere i figli (art. 30, comma 1 Cost.). In secondo luogo viola il divieto costituzionale di privare della capacità giuridica e del nome una persona per motivi politici (art. 22 Cost.) ed è noto che la dottrina si riferisce alle privazioni per qualsiasi motivo di interesse politico dello Stato.

E' inoltre in aperto contrasto con la Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell'adolescenza del 20 novembre 1989.

E' l'ennesima norma stupida, figlia solo della demagogia, della peggiore demagogia quella della persecuzione verso altri esseri umani, considerati come nemici.

I provvedimenti del governo in materia di immigrazione sono infatti costantemente punitivi in disprezzo ad ogni forma di convivenza.

Una persecuzione che parte dalla culla e arriva alla tomba. I ricongiungimenti familiari con i genitori resi pressochè impossibili, medici ridotti a informatori della polizia, neonati a cui si nega il più elementare dei diritti.A questo si aggiungano i continui attacchi alla vita quotidiana degli immigrati regolari.

Un anno e mezzo per un permesso di soggiorno che costa caro e che si intende far pagare sempre di più. E che quando ti arriva, spesso non è più valido. Poi norme vessatorie, centri di identificazione e di espulsione in cui si è privati dei diritti più elementari.

Norme figlie di un accanimento irragionevole perchè non porta nessun vantaggio nemmeno ai cittadini italiani, anzi.Il mancato ricongiungimento familiare lascia l'immigrato solo, fuori da una rete che gli faciliterebbe l'integrazione e sarebbe il primo stimolo a non cadere nella criminalità.

Si preferisce un immigrato inserito nella propria famiglia che pensi a sfamare genitori e figli, o un immigrato solo, senza sostegno che più facilmente potrà cadere nel disagio e quindi nella rete della criminalita?Il ricongiungimento familiare ha una funzione sociale importante, ma questo governo cerca di renderlo sempre più complicato.Si vuole impedire che i medici curino i clandestini? Bene, chi è malato e ha paura di farsi curare perchè rischia la denuncia resterà malato, non si curerà e diffondera malattie.
Un'ottima prospettiva.Infine, si vuole un neonato privato dei propri diritti, gettato da subito fuori dalla società.
Anche questo che vantaggi può dare?Perchè chi ha emanato queste norme non si preoccupa di queste conseguenze? Da cosa è spinto?I diritti umani, sono quelli connaturati all'esistenza stessa dell'uomo, se si priva qualcuno di quei diritti, evidentemente è perchè non li si considera umani. Privandoli di questi diritti, cosa diventano? Ma sopratutto, noi, cittadini italiani, cosa siamo diventati?

mercoledì 20 maggio 2009

Sfruttamento dei bambini immigrati


I minori stranieri non accompagnati presenti in Italia al 31 marzo 2006, secondo dati ufficiali riportati dall'organizzazione internazionale, sono 6.358: un numero, secondo Save the Children, sicuramente inferiore alla realta', poiche' molti dei minori non entrano in contatto con i servizi sociali e le autorita' territoriali.
Provengono principalmente dalla Romania (37,5%), dal Marocco (20,4%) e dall'Albania (16%), ma non mancano ragazzi e ragazze che arrivano dall'Afghanistan e dall'Africa sub-sahariana. L'80% dei minori migranti sono maschi e con un'eta' compresa tra i 15 e i 17 anni, ma ci sono anche minori di 11-12 anni e perfino di 7.


Giungono con un fratello piu' grande o da soli: al marzo 2006 circa il 20% di minori stranieri non accompagnati in Italia ha fra i 7 e i 14 anni.
In alcuni casi arrivano nel nostro paese dopo viaggi terribili, che possono durare anche anni,e che sono quasi sempre organizzati da trafficanti e contrabbandieri ai quali i ragazzi o le rispettive famiglie pagano migliaia di euro. Vecchie automobili o micropullman sono i mezzi di spostamento generalmente utilizzati, per esempio, dai minori rom o rumeni mentre i ragazzi provenienti dall'Africa subsahariana attraversano il Mediterraneo su imbarcazioni di fortuna.
Con storie ed esperienze terribili alle spalle, privi di qualsiasi riferimento, provati da viaggi terribili e con debiti da riparare, i minori migranti non possono contare, una volta arrivati in Italia, su un'adeguata accoglienza e sufficienti tutele.

Nei primi tre mesi del 2006, si legge nel dossier, i minori inseriti in una delle due strutture di accoglienza di Roma sono stati 170: di questi, 7 su 10 si sono allontanati dalla struttura dopo poco tempo.
Per darsi aiuto a vicenda costituiscono vere e proprie famiglie di strada, gruppi di minori che vivono in condizioni precarie, spesso dormendo in edifici abbandonati.
Prostituendosi o rubando portafogli e cellulari spiega il dossier - riescono a guadagnare fino a 200 euro al giorno.
Guadagni e attivita' illegali che ne portano molti a varcare la soglia delle carceri minorili: nel solo territorio di Roma, nei primi sei mesi del 2006, i minori stranieri entrati nell'Istituto Penale per i Minorenni (IPM) rappresentavano l'83% degli ingressi. A Milano, nello stesso arco di tempo, costituivano l'87% della popolazione minorile; nell'Istituto Penale per i Minorenni di Firenze erano il 90,6% dei detenuti minorenni; in quello di Torino il 65,7% circa.
I fenomeni di grave sfruttamento e di tratta sono in crescita fra i minori migranti, e riguardano sempre piu' spesso minori di etnia rom, sottolinea il dossier.
Questi bambini e adolescenti possono essere venduti dalle stesse famiglie a sfruttatori, in Italia, che spesso li selezionano sulla base di criteri quali la destrezza, la bellezza, l'eta', avviandoli al furto, all'accattonaggio, alla prostituzione o alla pedopornografia.

martedì 19 maggio 2009

FREEDOM WRITERS

Ciao a tutti,
oggi martedì 19 Maggio 2009 il prof. Milan ci ha proposto la super visione del film :"Freedom Writers"
Ispirato a una storia vera, un film dotato di un buon ritmo capace di far riflettere senza annoiare sulla possibilità di una convivenza e conoscenza reciproca tra realtà diverse.
Erin Gruwell è una giovane insegnante di lettere al suo primo incarico in un liceo. Siamo a Los Angeles nel 1992, poco dopo gli scontri razziali che avevano messo a ferro e fuoco la città.
Erin si vede affidare una classe composta da latinoamericani, cambogiani, afroamericanie un unico bianco.


Provengono tutti da realtà sociali in cui il degrado e la violenza costituiscono parte integrante della vita quotidiana.
Le istituzioni li vedono come un peso morto da "parcheggiare" in attesa che tornino nella strada. "La Gruwell" (così prenderanno a chiamarla i ragazzi) non si arrende né di fronte all’istituzione né di fronte agli allievi che inizialmente la respingono convinti che sia l’ennesima insegnante disinteressata al loro vissuto.
Riuscirà a convincerli ad uscire dalla gabbia delle gang e a guardarsi dentro scrivendo dei diari che diverranno un libro.Ispirato a una storia vera, con un premio Oscar che crede così tanto al progetto da divenire produttore esecutivo, con un coprotagonista come Patrick Dempsey. Purtrppo Freedom Writers appartiene alla categoria dei misteri della distribuzione italiana.

Non si capisce cioè perché non sia passato in sala ma sia stato relegato nelle uscite in dvd.
È infatti un film dotato di un buon ritmo capace di far riflettere senza annoiare sulla possibilità di una convivenza e conoscenza reciproca tra realtà diverse costrette al degrado e quindi capaci si vedere nell'altro solo il nemico.
La Swank è assolutamente credibile nel ruolo di un'insegnante apparentemente fragile ma così determinata nel perseguire il suo progetto da mettere a repentaglio anche la propria vita privata. Altrettanto lo sono i giovani interpreti tra cui spicca April Lee Hernandez nel ruolo di Eva, una giovane latinoamericana che, riesce ad uscire dalla logica soffocante delle gang grazie a un doloroso percorso di maturazione.



Vi consiglio vivamente di vederlo!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

Vi farà capire molte cose!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

Nella speranza che qualcuno segua il mio consiglio: BUONA VISIONE

domenica 17 maggio 2009

BAMBINI IMMIGRATI: UN AFFARE PER LA PSICHIATRIA

Alcuni risultati riesumati dal vecchio Progetto Prisma realizzato dall'Istituto Medea, qualche anno fa, dove erano stati sottoposti a screening i bambini di diverse scuole di cinque regioni italiane al fine di individuarne i “disturbi mentali”: ADHD (deficit di attenzione ed iperattività), ADD (Deficit di attenzione), Disturbo Oppositivo-provocatorio, ecc... sono stati sufficienti a convincere l'Assessorato ad aprire le porte allo screening di massa dei figli in età infantile e preadolescenziali di immigrati, la componente più debole e meno informata della comunità, che difficilmente si opporrà o ne contesterà i risultati e le conseguenti soluzioni proposte.
Le Unità Operative di Neuropsichiatra dell'Infanzia e dell'Adolescenza (Uonpia) di Milano e altri enti hanno presentato il progetto ed hanno già annunciato che il loro primo passo sarà un'analisi epidemiologica per diagnosticare disturbi mentali e di apprendimento attraverso test, uno screening di massa, su circa 60 mila bambini solo a Milano.
Tutto questo malgrado in diverse regioni e a livello nazionale, constatando la pericolosità di queste iniziative psichiatriche siano stati emessi atti legislativi per vietare la somministrazione all'interno delle scuole di test o di questionari relativi allo stato psichico ed emozionale degli alunni. La Regione Piemonte con la legge n.21, la Provincia Autonoma di Trento con la legge 259, e la recente Circolare n.4226/P4 emessa dal Ministero dell'Istruzione.
I centri UONPIA non sono scuole, non sono centri sociali, il neuropsichiatra infantile non è un'insegnante, non è addestrato per risolvere le difficoltà di lingua e di integrazione che questi bambini possono avere. L'integrazione interculturale non è di competenza della neuropsichiatria.
Le famiglie arrivano in Italia per garantire ai loro figli un futuro e possibilità migliori e le nostre Istituzioni danno loro diagnosi e terapie psichiatriche, facendo leva sulle difficoltà che un qualsiasi bambino in un paese straniero potrebbe avere e incanalandoli in un futuro di possibili pazienti psichiatrici.
Gli stessi programmi attuati negli altri paesi come negli Usa, hanno portato quasi otto milioni di bambini ad essere etichettati con i “disturbi mentali” e successive somministrazioni di potenti e pericolosi psicofarmaci. Nei soli Usa quasi 200 bambini sono morti a causa di trattamenti con psicofarmaci, fino al punto di indurre il Parlamento USA ad approvare una legge che attribuisce ai genitori di bambini etichettati il diritto di non accettare eventuali terapie o trattamenti che essi non condividono. Per non parlare di effetti collaterali come la violenza, vedi le innumerevoli stragi nelle scuole americane: le indagini hanno appurato che erano tutti sotto trattamento di psicofarmaci.
In Italia abbiamo già i primi casi di bambini etichettati Adhd, in cura con psicofarmaci che hanno tentato il suicidio. L'ultimo bollettino dell'AIFA (Agenzia Italiana del farmaco) a pagina sette informa circa le idee di suicidio di due bambini, una piemontese di 9 anni ed un bimbo sardo di 10 anni entrambi in trattamento con Atomoxetina nel 2008, la bimba da sette mesi ed il bimbo da 10 mesi.
L'esperienza degli altri paesi e quanto sta avvenendo in Italia dovrebbe allarmarci ed indurci a non ripetere gli stessi errori. Chi ha in mano le sorti di migliaia di bambini non può ignorare e non documentarsi su questi fatti. Aprire le porte a programmi i cui risultati sono stati quelli di cui sopra è inaccettabile e non privo di conseguenze per tutti.
Nella situazione di crisi che stiamo vivendo le famiglie degli immigrati e le famiglie italiane hanno bisogno di un vero aiuto, di istruzione, di dare un futuro migliore ai propri figli e potenziare le iniziative di sostegno linguistico ed educativo già esistenti.
Il CCDU ritiene che i test non devono essere fatti come screening, a tappeto, sulla popolazione infantile italiana poiché questo viola la libertà dei cittadini ed è una intrusione dello stato nella famiglia.
Purtroppo molte di queste iniziative nascondono interessi di case farmaceutiche e lobby psichiatriche volti a medicalizzare la scuola per trarne dei profitti economici.

giovedì 14 maggio 2009

Sbarchi di minori immigrati, un trend in continua crescita

I minori extracomunitari non accompagnati, che arrivano nel nostro Paese insieme al grande flusso dell’emigrazione, rappresentano uno dei più delicati aspetti del fenomeno.
Per assicurare loro ogni forma di tutela prevista dalla legislazione nazionale e internazionale, il Ministero dell’Interno ha inoltrato una circolare in data 13 febbraio 2009, a tutti i prefetti d’Italia, in cui si richiama l’attenzione e la necessità di adottare tutte le misure opportune e, dove non è prevista, l’istituzione di un’apposita sezione dedicata ai minori.
L’obiettivo è quello di monitorare le presenze dei giovani immigrati, gli eventuali allontanamenti dalle strutture che li ospitano e gli standard qualitativi dell’accoglienza (740 bambini stranieri sono fuggiti dalle comunità di accoglienza nel 2008), per scongiurare rischi di devianza ed assicurare il pieno riconoscimento e l’attuazione dei loro diritti.
Il Comitato per i minori stranieri, costituito presso il Ministero dell’Interno, ha rilevato che nel 2008 sono 7.797 i minori non accompagnati, provenienti soprattutto dall’Africa settentrionale e occidentale.
Con un trend generale di crescita costante, nel 2007 gli sbarchi dei minori erano stati 2.180, di cui 1.700 non accompagnati, nel 2008 complessivamente 2.751 minori, dei quali 2.124 non accompagnati.
Tale fenomeno ha interessato negli ultimi anni soprattutto le coste siciliane, in modo particolare l’isola di Lampedusa e la provincia di Agrigento (2.327 minori nel 2008).
In questo inizio di 2009 sono arrivati 154 minori, 138 dei quali non accompagnati.
Sono state presentate l’anno scorso 302 domande di rifugiato: 70 sono state accolte e per altri 210 minori sono state attivate forme diverse di protezione.
Nessuno di loro è stato espulso, ma per tutti sono stati avviati percorsi di prima accoglienza.
Riguardo ai minori scomparsi, dal 1974 ad oggi sono scomparsi 10.267 bambini, tra cui 1.810 italiani, sono 82 i bambini stranieri rimasti vittime dei reati di tratta, riduzione in schiavitù, sfruttamento della prostituzione.
Il presidente della Commissione infanzia ha annunciato un emendamento al ddl sulla sicurezza, ora al vaglio della Camera, per l’introduzione dell'obbligatorietà del documento di identità per i minori da 0 a 14 anni. Garantendo, a tal fine a ciascun minore italiano, il diritto all'identità, con tutti i mezzi che la scienza mette a disposizione, anche per la sicurezza dello stesso minore.

Necessario appare in considerazione dell’aumento del flusso migratorio, l’aumento del numero dei centri per gli immigrati, con strutture ad hoc per i minori adeguate e più capillari sul territorio anche dal punto di vista del controllo. Molte regioni non hanno centri di accoglienza, da qui la necessità di creare strutture adeguate in tutte le regioni, per non gravare eccessivamente su quelle meridionali.
Nel 2008 il Viminale ha rimborsato alle regioni 5 milioni e 400 mila euro per l'accoglienza ai minori stranieri non accompagnati; nel 2009 sono arrivate richieste pari a tre milioni di euro.

mercoledì 13 maggio 2009

Grande Fratello: Vittoria di un ex bambino immigrato


In questa nona edizione del Grande Fratello c’è la storia molto forte di Ferdi Berisa, 21 anni nato in Montenegro.

All’età di 9 anni, Ferdi sbarca accompagnato dal padre in Italia su di un gommone.

La sua storia, molto toccante la racconta lui stesso agli altri ragazzi della casa.

Una storia di un’infanzia rubata, che non può non farci venire in mente le tragedie che tanti bambini stanno vivendo a Gaza in questi giorni, stritolati da una guerra che non hanno voluto. Storie raccontate e messe in primo piano anche grazie a programmi come il grande fratello, che può piacere o non piacere, ma che ha il merito di portarle alla ribalta del grande pubblico, in un formato in cui ci piace mettere il sentimento dell’emozione al primo posto su tutto, nonostante tutto.
La sua è la storia di un “riscatto”, da un’infanzia fatta di povertà, da un’adolescenza vissuta lontano dalla sua famiglia. Il padre lo portò in Italia a 9 anni su un gommone.
Lo costrinse a rubare.
Poi l’affidamento all'Istituto Don Orione di Fano e la vita che ricomincia.
Ma da quando lasciò il Montenegro non ha più visto la mamma e la sorella.

Sfatare il mito del bambino straniero come "veicolo di malattia"


Numerose problematiche legate al fenomeno dell'immigrazione hanno spesso determinato un'alterata percezione dello straniero attraverso fantasiosi luoghi comuni, frequentemente assunti come pregiudizio dalla disinformazione.

Uno di questi è riconoscere lo straniero come "veicolo di malattia". In tal senso, hanno funzionato da cassa di risonanza sul nostro territorio certi tipi di patologie come la tubercolosi o la malaria, la diffusione incontrollata dell'HIV e della Sars e il rischio di nuove pandemie.

A ciò si uniscono le scarse condizioni igieniche e preventive delle comunità immigrate e le difficoltà di accesso alle strutture sanitarie. È stato stimato di recente che circa il 30% dei bambini immigrati non sia iscritto al Servizio Sanitario Nazionale e che oltre il 12% delle puerpere, durante la gravidanza, non si sottoponga ad alcuna visita o controllo ecografico. Da questi presupposti appare chiaro che l'utilizzo saltuario dei servizi compromette la possibilità di un adeguato follow up medico.




Ciò accresce il rischio di patologie gravi e invalidanti legate anche e soprattutto alla recrudescenza delle malattie infettive. L'età pediatrica è sicuramente la fase più delicata e più soggetta a questo tipo di patologie, sia per la naturale minore immunocompetenza umorale e cellulare, sia per il sovrapporsi di fattori a rischio ambientale determinati ad esempio dalla sospensione dell'allattamento al seno o dal precoce inserimento nelle strutture degli asili nido. Una serie di ricerche avviate dal Gruppo di lavoro nazionale per il bambino immigrato (GLNBI) della Società Italiana di Pediatria, in collaborazione con 21 Centri pediatrici dislocati in 12 diverse Regioni, ha posto di recente l'accento sui dati emersi relativi all'incidenza delle stesse malattie infettive negli ultimi trent'anni. Un'indagine estesa poi a 220 bambini provenienti dall'estero per adozione nell'ultimo quadriennio, raccoglie preziose informazioni sui ricoverati nei reparti pediatrici di malattie infettive, in particolare quelli seguiti presso Centri pediatrici di riferimento per le adozioni internazionali. Dati che si rendono necessari per fugare quell'idea distorta che lo straniero, adulto o bambino, sia "l'untore" divenuto veicolo a scuola, come nella società, delle malattie più strane ed esotiche, e quel che peggio mortali. La paura di essere contaminati può portare a prendere le distanze, a isolare ed emarginare il bambino immigrato, anche se è ormai parte essenziale della nostra realtà. L'indagine medica recente ci mostra come, in qualsiasi paese egli si trovi, il giovane straniero si ammala pressoché delle stesse malattie dei bambini di quel luogo. Si tratta in generale delle cosiddette "patologie d'acquisizione", sostanzialmente aspecifiche, per lo più banali, soprattutto a carico delle vie aeree, gastrointestinali o cutanee. Queste affezioni, così come in tutte le condizioni di rischio sociale, assumono nel bambino extracomunitario maggiore frequenza, gravità e tendenza alle recidive.

Così, ad esempio, fin dalla nascita, il basso peso neonatale è un riscontro che pur oggettivamente frequente per molti soggetti sia nei paesi d'origine (specialmente Africa centrale, estremo Oriente e gruppi nomadi) sia nei nati in Italia da genitori stranieri, diventa determinante anche per un'indagine etnopediatrica che possa prevenire il rischio di patologie infettive future.




Infatti, dalla rielaborazione di questi parametri, è possibile determinare (oltre al precario stato di salute della gestante) uno tra i più importanti indicatori fisiologici di rischio di morbosità e di mortalità infantile.



Contrariamente all'alta incidenza delle patologie d'acquisizione, quelle d'importazione sono meno comuni in età pediatrica.

Si tratta però di malattie non specifiche del migrante, riconducibili effettivamente a uno stato di estrema emarginazione; sono le cosiddette "patologie della povertà" come tubercolosi, scabbia, pediculosi e alcune affezioni fungine.

All'atto pratico questo tipo di positività, frequente tra gli immigrati adulti, deve però essere più attentamente valutata fra i bambini. La sensibilizzazione a queste affezioni può anche essere la conseguenza di un particolare tipo di vaccinazione (BCG) estensivamente praticato nei paesi in via di sviluppo.
D'altro canto, come si evince dall'indagine in precedenza riportata, a eccezione dell'epatite B, prevalente appannaggio degli immigrati, il resto delle patologie infettive (epatite A e C, infezione da HIV, leishmaniosi e lue ) sono state riscontrate prevalentemente nei bambini italiani. Al momento, però, il dato è quantitativamente inferiore a quello riferito alle patologie importate da un qualsiasi viaggiatore che si rechi all'estero per scopi lavorativi, turistici e ludici. Tuttavia, ai soli fini diagnostici e profilattici, è possibile in effetti rilevare una diversa esposizione a certi tipi di malattie tra i bambini immigrati (e figli di immigrati) piuttosto che tra quelli adottati o ai figli di nomadi. Soprattutto per quest'ultima categoria si invitano i pediatri a un più attento e precoce screening sanitario delle patologie di cui sopra. Non ci sorprende, ad esempio, il dato dell'alta frequenza di casi da infezione cronica HBV [nota 3] per molti bambini in adozione provenienti dalla Romania o dagli Stati dell'ex Unione Sovietica, dove le gravissime carenze dei servizi di igiene e salute pubblica non consentono di limitare il contagio, sia per carenze di materiale ospedaliero, sia soprattutto per mancanza di adeguati programmi istituzionali di immunizzazione. In generale, è altresì vero che le strutture e gli strumenti di sanità pubblica di cui disponiamo sono ampiamente in grado di controllare la diffusione delle patologie infettive, purché pronte a confrontarsi con la comunità degli immigrati, spesso poco raggiunti da interventi preventivi. Per gli immigrati, invece, l'inevitabile concomitanza di fattori favorenti la distribuzione degli agenti infettivi, come il sovraffollamento abitativo, le scadenti condizioni igienico-sanitarie, l'inadeguatezza degli apporti nutrizionali, unitamente a un'insufficiente disponibilità di risorse, sono la causa prima di molteplici patologie, oltre che veicolo naturale e specifico di contagio.

In particolare, per la provenienza da paesi con alta incidenza di patologie come tubercolosi ed epatite B, il rischio di infezione e di malattia conclamata è effettivamente aumentato con l'accrescersi delle oggettive difficoltà economiche delle stesse comunità.

Oggi, su questi presupposti, i pediatri dovranno altresì provvedere ad accurati controlli negli adulti e nei bambini conviventi, prescrivendo chemioprofilassi e cure da tenere costantemente monitorate.

La terapia d'urto non deve però alimentare il rischio di un'eccessiva medicalizzazione, che possa infine essere percepita in maniera discriminatoria nei riguardi del bambino e della sua famiglia.

Un aspetto che va attentamente scongiurato, superando le differenze linguistiche e socio-culturali che la comunità immigrata spesso rafforza come bisogno di conservazione e tutela identitaria.